Le note nella musica indiana

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Con questo post voglio iniziare una nuova serie sui concetti basilari della musica indiana e, naturalmente, ho deciso di iniziare parlando delle note nella scala della musica del nord India, o indostana (hindustānī). Nel sistema indostano si usa una scala non temperata di sette note, o swar (sanscrito svara), che nella forma inalterata  sono definite śuddha (puro). 

Il gruppo delle sette note è detto saptak e idealmente ci si dovrebbe muovere in tre ottave coprendo quella mediana (madhya saptak), quella grave (mandra saptak) e quella acuta (tār saptak).


I nomi delle sette note sono ṣaḍja "la generatrice dei sei" (o generata dai sei), riṣabh "il toro", gāndhār "la fragrante", madhyam "la mediana", pañcham "la quinta", dhaivat "la splendente" e niṣād, "la sottostante". Nella pratica, però vengono solfeggiate con i sargam, i nomi abbreviati SA RE GA MA PA DHA NI. Il sargam è usato per fare gli esercizi vocali, ma anche per improvvisazioni solfeggiate in performance nel genere vocale colto oggi più diffuso detto khyāl.

Oltre a queste sette note, delle quali la tonica SA e la quinta PA sono considerate inalterabili, ci sono 5 alterazioni, delle quali il madhyam può essere tīvra, o aumentato, e le restanti komal, o diminuite, per un totale di 12 intervalli o swar. Dieci diverse combinazioni dei dodici swar costituiscono le dieci scale modali, o thāth, alla base dei vari rāga, il concetto fondamentale della musica indiana colta e dei quali parleremo magari in un post successivo.

Anche se gli swar possono sembrare degli intervalli fissi, nella pratica vengono presi toccando diversi microtoni, o śruti, secondo un apprendimento orale e risultare diversi a seconda delle caratteristiche estetiche di questo sistema modale. Anche quello di śruti è un concetto che affascina molto gli occidentali e sul quale si potrà approfondire in seguito.

La musica indiana è solistica e non esistono registri vocali differenziati, in quanto il repertorio può essere tutto adattato a diverse voci con il sistema del do mobile, infatti la tonica SA non ha una altezza prefissata e può essere stabilita dove è più comodo per il solista, per esempio il mio SA è accordato sul sol#.

Avendo come ideale la vocalità questo sistema considera di base una estensione di tre ottave o tre saptak, quello madhya o mediano che parte dalla tonica, quello mandra che è più grave e quello tār che è più acuto.

Poiché, inoltre, la musica colta indiana non è precomposta, ma una costante elaborazione di un canovaccio secondo le regole apprese dal maestro in anni di apprendistato, il repertorio della musica colta indiana non viene eseguito da spartito come per la musica classica occidentale, ma esiste un sistema di notazione per raccogliere il materiale di base a fini di memorizzazione.

In realtà non c'è un unico sistema di notazione ufficialmente imposto, ma quello prevalente è una elaborazione del XX secolo del musicologo Pandit Vishnu Narayan Bhatkhande e preferito ad altri per la sua immediatezza.

In generale le note sono scritte nella scrittura devanāgarī o altra scrittura indiana e le alterazioni si segnano con un sistema preso dall'accentazione vedica, esistono, però, varianti adattate ai caratteri latini. Nella scuola americana del maestro Ustad Ali Akbar Khan, per esempio, si usano le iniziali dei nomi delle note in lettere latine minuscole per i caratteri diminuiti e maiuscole per quelli aumentati. Altri usano il sistema di Bhatkhande ma con le iniziali maiuscole latine delle note. L'ottava bassa è indicata con un punto sottostante e l'ottava alta con un punto superiore.

Le alterazioni nel sistema più diffuso sono un trattino sopra per lo swar aumentato (diesis)
E la sottolineatura per quelli diminuiti (bemolli)
D
Nel caso in cui una nota sia alterata e anche dell'ottava grave o acuta, i punti vanno messi dopo il segno di alterazione come i seguenti esempi:

La notazione, comunque, non è mai usata per cantare o praticare, ma solo per ricordare e talvolta per insegnare ai principianti. Il modo migliore per imparare a improvvisare con il sargam è di fare molta pratica regolare di solfeggio e vocalizzi nella quale un buon maestro vi possa guidare. 

Nel sistema carnatico, quello della musica colta del sud dell'India, invece, sebbene il nome e delle sette note di base resti praticamente lo stesso (solo la seconda viene solfeggiata come ri invece che re) sia la loro altezza relativa che il sistema di alterazioni e notazione è un po' diverso e non segue queste indicazioni.

Spero che queste spiegazioni vi risultino abbastanza chiare, ma potete chiedermi delucidazioni nei commenti sul blog o Youtube. Fatemi sapere se i contenuti sulla musica classica indiana vi interessano perché ne ho in serbo altri.

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